Comodato di immobile: le sorti del contratto nel caso di crisi coniugale

Non è un caso raro quello dei genitori che concedono in comodato al figlio convolato a nozze un’immobile affinché venga destinato ad abitazione familiare.

Non è altrettanto infrequente che al sopraggiungere della separazione coniugale il Giudice, in presenza di prole, assegni la casa alla nuora.

I proprietari possono domandare la restituzione immediata dell’immobile?

Prima di addentrarci nella tanto discussa questione, vediamo di comprendere cosa sia il comodato.

Si tratta di un contratto con cui una parte consegna all’altra un bene mobile o immobile affinché quest’ultima se ne serva per un tempo o per un uso determinato con l’obbligo di restituirlo.

E’ un contratto essenzialmente gratuito (per questo si distingue dalla locazione), basato sull’intuitus personae ossia sulle qualità personali ed il rapporto di fiducia tra i contraenti e non necessita di forme particolari (persino la prova del comodato immobiliare può essere fornita tramite testimoni o per presunzioni).

Il comodatario dovrà restituire il bene al proprietario allo spirare del termine stabilito o, in mancanza, quando se ne è servito per l’uso pattuito.

Tuttavia il comodante potrà richiedere la restituzione immediata del bene prima dello spirare del termine pattuito o ancor prima che il comodatario si sia servito del bene solamente nel caso sopraggiunga un urgente ed imprevisto bisogno.

Qualora non sia stato convenuto un termine o questo non lo si desuma dall’uso a cui la cosa è destinata, ci si troverà di fronte ad un contratto di comodato senza determinazione di durata (cd. comodato precario) per il quale la legge riconosce al comodante il diritto di domandare in ogni momento la restituzione immediata del bene.

Il rifiuto del comodatario di restituire il bene costituisce una condotta illecita consistente nella detenzione abusiva del bene.

La giurisprudenza, più volte interrogata sulle sorti del comodato di immobile destinato a casa familiare, ha cercato di darvi una risposta partendo dal domandarsi innanzitutto se ci si trovi di fronte ad un comodato ordinario oppure precario.

Come si è fatto cenno sopra, l’inquadramento del comodato ha riflessi notevoli sulla facoltà del comodante di chiedere la restituzione del bene.

Ad un primo orientamento secondo cui il comodato avente ad oggetto un immobile adibito a casa familiare è un contratto senza determinazione di durata pertanto soggetto alla disciplina di cui all’art. 1810 c.c. che riconosce al comodante il diritto di recesso ad nutum, se ne è contrapposto un secondo che con il tempo ha trovato sempre più conferma anche nella giurisprudenza di legittimità.

Secondo quest’ultimo filone se l’immobile è concesso in uso per essere destinato ad abitazione familiare, sono da ritenersi impliciti la determinazione di tempo o il vincolo della destinazione a soddisfare esigenze familiari pertanto si deve parlare di comodato ordinario.

In sintesi il contratto di comodato che contempli la destinazione del bene quale casa familiare senza altri limiti o pattuizioni fa sì che il comodato abbia una durata determinata per relationem.

Il provvedimento emesso dal Giudice in sede di separazione o di divorzio con cui la casa viene assegnata al coniuge presso il quale sono collocati i figli non modifica la natura ed il contenuto del contratto di comodato, ma determina una concentrazione nella persona dell’assegnatario di detto titolo di godimento che resta regolato dalla disciplina del comodato ordinario ( S.S.U.U. n. 13603/ 2004)

A consacrare l’orientamento maggioritario sono intervenute nuovamente le Sezioni Unite le quali hanno avuto modo di chiarire che se il contratto ancora la durata del comodato alla famiglia del comodatario, corrisponde a diritto che esso perduri fino al venir meno delle esigenze della famiglia.

 

Valentina Grippo